Corriere della Sera / Entretien / 04/12/11 (Italien)

2011

L’OSSESSIONE DI PREVENIRE 

Corriere della Sera / Entretien / 04/12/12 (Italien)

Réalisé par Stephano Montefiori.

 

PARIGI — Il ministero francese dell’Educazione progetta di classificare tutti i bambini della scuola materna, a cinque anni, secondo le categorie «niente da segnalare», «a rischio», «ad alto rischio» quanto alla capacità di controllare le emozioni e rispettare gli altri, e quindi alla probabilità che un giorno siano attratti dalla delinquenza. In Québec, il proto- collo «Statique 99» aiuta i magistrati a stabili- re le condizioni della libertà vigilata di ogni singolo criminale in base alla maggiore o minore propensione alla recidiva, valutata in base a criteri come una vita famigliare più o me- no serena fino ai 16 anni ed eventuali problemi di condotta alla scuola elementare. Ognuno di noi, quando digita una parola su Google, riceve immediatamente dal servizio Instant il suggerimento su che cosa sta probabilmente cercando. Per andare all’appuntamento con lo scrittore e ricercatore francese Éric Sadin, in un caffè vicino al parco delle Buttes Chaumont, ho chiesto al mio smartphone di incrociare i dati Gps con quelli del traffico a quell’ora per dirmi fra quanto tempo l’auto- bus sarebbe arrivato alla fermata (quattro minuti, giusto). È La società dell’anticipazione indagata dal 41enne Sadin nel libro dallo stesso titolo (casa editrice Inculte).

 

S.F: Il suo lavoro parte dall’11 settembre come momento di frattura fondamentale nella società.

E.S: «Dopo il 2001 si è trattato di evitare a ogni costo la catastrofe successiva, e la costruzione di un rapporto fluido e complice tra uomo e macchina non ha conosciuto più ostacoli. Disseminiamo dati, trattati da algoritmi, che rendono possibile la conoscenza puntuale degli individui. L’ansia per la sicurezza e il marketing sono i due potenti motori che spingono i contemporanei a non accontentarsi del dato di fatto e a coltivare, invece, l’ambizione di predire. Gli attentati del 2006 a Londra, che da allora ci impediscono di portare liquidi nel bagaglio a mano in aereo, sono stati sventati così».

Il desiderio di anticipare l’immediato fu- turo investe tutti i campi della vita quotidiana, individuale e collettiva.

«È l’aspetto più affascinante, che mi ha fatto pensare al concetto di un’intera "società del- l’anticipazione". Il marketing cerca di propor- ci prodotti del cui desiderio non abbiamo ancora coscienza. La medicina è sempre meno curativa e sempre più preventiva, con tutti i conseguenti enormi problemi etici legati ai test genetici. Il colosso energetico francese Areva (nucleare, eolico) ha sviluppato la "manutenzione preventiva": non si ripara un pezzo quando è rotto, ma quando statisticamente è in procinto di andare in avaria. È il sogno del film 2001. Odissea nello spazio».

Questo produce effetti da un punto di vi- sta filosofico e antropologico?

«A mio avviso enormi. Finora vivevamo in una struttura temporale abbastanza semplice: il passato è chiuso, il futuro quasi impenetrabile, il presente vissuto in relativa incertezza. Oggi, e sempre di più, il passato è costituito da miliardi di tracce che permangono e possiamo analizzare, sottomettendole a modelli predittivi che ci permettono di disegnare un futuro conoscibile e quindi in grado di determinare già i miei comportamenti presenti. Tutto quello che faccio rende possibile la comprensione di quello che avverrà e quindi, qui e ora, agisco già di conseguenza».

L’esperienza del presente ne viene arricchita o impoverita?

«Un pessimista direbbe che il presente vie- ne svalutato sempre di più, perché è ossessiva- mente proteso all’istante successivo. A me in- vece piace essere ottimista, o comunque descrivere le situazioni per quelle che sono in modo da affrontarle al meglio, consapevolmente. L’esperienza del presente può essere giudicata allora "arricchita", e il confine sfumato con il futuro valutato un vantaggio in termini di ottimizzazione di tempo, spazio e risorse. Sul piano collettivo, la nostra vita è ormai regolata da gran- di sistemi informatici, spesso prodotti dalla Ibm, che governano la gestione degli aeroporti, dell’acqua, della grande distribuzione. Sul piano individuale, leconseguenze sono forse ancora più affascinanti: mi adatto a cedere parti consistenti della mia capacità di valutazione, della mia libertà di scelta personale. C’è una tale saturazione di informazioni che preferisco essere assistito dalle macchine, all’occorrenza dalle app degli smartphone. Mi sgravo sempre di più di certe preoccupazioni fondamentali: chi incontro, come mi organizzo, che cosa compro, che co- sa è meglio mangiare... Ci pensano le macchi- ne, probabilmente con maggiore efficienza».

Con il dominio della tecnica non si pone il problema del libero arbitrio?

«Sicuramente. A mio avviso assistiamo a una progressiva riconfigurazione del concetto rinascimentale, legato a Pico della Mirandola,della singolarità dell’individuo come responsabilità fondata sulla libertà di scelta in co- scienza. Oggi abbandono parti della mia facoltà di scelta perché ci sono dei sistemi che scelgono meglio al posto mio: guardiamo a tutte le funzioni che, da iTunes ad Amazon e Face- book, ci suggeriscono musica, libri e amici sul- la base delle nostre scelte passate. Google ha appena lanciato la funzione Indoor, che mappa e geolocalizza anche l’interno dei grandi edifici, come per esempio gli aereoporti, con un grado di precisione tale da indicare se la persona sulla scala mobile si trova sulla rampa che sale o che scende. C’è una digitalizzazione del mondo, un suo doppio virtuale, una tale penetrazione sempre più raffinata della realtà... Me ne occuperò nel mio prossimo libro, in base all’assunto che la rivoluzione numerica personale è completata: gli smartphone sono il punto di arrivo di vent’anni di progresso tecnologico; ora bisogna occuparci della rivoluzione antropologica, del nuovo rapporto del nostro corpo con lo spazio e le informazioni».

Quale importanza può avere la politica?

«Quella di porre i limiti. Un ruolo essenzialmente giuridico, cioè fare le leggi e mettere in atto i controlli contro le possibili derive. Viviamo in società talmente complesse che difficilmente i politici, anche i più preparati, hanno le competenze per conoscere tecnicamente i dossier. Però devono avere il potere di scrive- re le leggi».

«La società dell’anticipazione» è un mondo già descritto in parte dal cinema. Da «2001», come dicevamo, alla «Zona morta» di Cronenberg, a «Minority Report» di Spielberg.

«Senza dubbio. Di Minority Report, tratto da Philip K. Dick, mi affascina, oltre all’intuizione della predizione dei crimini, anche l’interfaccia avanzata uomo-macchina, l’uomo assistito dalla tecnica che usa il touchscreen come un’appendice di sé. Nella mia visione relativamente fiduciosa o comunque non catastrofista, viviamo in un mondo dove Hal 9000 ci aiuta ma senza impazzire, a differenza di quel che accade nel film di Kubrick. Quanto al film di Cronenberg, risale al 1983 e coglie l’aspetto decisivo della preveggenza. Solo che noi, al po- sto del protagonista Christopher Walken, abbiamo i computer».

Come potremo ancora esercitare la nostra libertà individuale?

«Il sistema, lo smartphone, le macchine scelgono per me i migliori cibi, contenuti culturali, relazioni, medicine. Si afferma una co- scienza parallela che ne sa molto più di me e che supera le mie capacità cognitive. È la fine della pubblicità per come l’abbiamo intesa finora: inutile che un cartellone mi dica di bere Coca-Cola, il mio assistente robotico sceglie tutto ciò di cui ho bisogno. Ma potremo dire basta, quando lo vorremo: prevedo un grande successo per alberghi senza connessione wi-fi, telefonino, tv. Sarà un’esperienza estrema, di lusso intenso».